mercoledì 24 agosto 2011

Il potere della pubblicità

Appena diventata mamma, mi trovai a sfogliare con avidità una nota rivista per bambini, cercandovi consigli e spunti per superare le mie innumerevoli difficoltà. Ero alla ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutarmi in un periodo altamente delicato e di forte cambiamento, il periodo in cui si instaura la relazione tra una madre ed il proprio figlio, in cui piano piano si impara a conoscersi e a capirsi, a comunicare tra due esseri così vicini e allo stesso tempo così distanti. Non nego che sia stato per me un momento veramente difficile, pieno di nuove sfide e problemi che in un primo tempo mi sembravano insormontabili. Non trovai nella rivista risposta ai miei dubbi ma mi accorsi di quanto fosse infarcita di pubblicità. I consigli per gli acquisti erano tra i più disparati: giochini per la culla, prodotti sostitutivi del seno materno (biberon, tiralatte..) i famosissimi trio (passeggino, carrozzina, ovetto), sdraiette e via dicendo. Oggetti tutti che sembravano soddisfare più i bisogni di vendita dell’industria dell’infanzia che i nuovi nati, ma la cosa che più mi impressionò fu constatare come le foto riportassero sempre e solamente bambini soli, felici e naturalmente sorridenti. Le rare volte che erano presenti anche le mamme apparivano impeccabili, con le unghie appena rifatte ed i capelli a posto, certo quelle rappresentazioni non rispecchiavano la mia immagine che in quel periodo non trovava neppure il tempo di guardarsi allo specchio. Allora mi chiesi come ciò fosse possibile, come si potesse presentare un’idea così stereotipata e falsa, ma la cosa che più mi mandò in crisi fu il rendermi conto che quell’immagine apparteneva anche a me, all’immagine idealizzata che mi ero fatta di mio figlio, che avevo anch’io prima di partorire. Nel periodo successivo alla sua nascita invece dovetti fare i conti con uno stato di sconquasso ormonale, dovevo riprendermi dall’esperienza fortissima del parto e qualsiasi cosa mi irritava. Cercavo di allattare ma ad ostacolarmi mi vennero le ragadi che mi facevano soffrire e mio figlio era tutto tranne che un piccolo calmo e sorridente che se ne dormiva tranquillo nella sua culla. Certo quella della pubblicità era proprio l’immagine che era appartenuta anche a me, una rappresentazione innaturale ed artificiosa, l’immagine di un rapporto idilliaco, fatto solamente di sintonia, di affetto e privo di difficoltà e insicurezze. Ora, a distanza di sette mesi e mezzo, riguardando quelle immagini, quei bambini non mi appaiono più tanto sereni ma mi riempie di tristezza il pensarli costretti a giocare, a dormire, ad ascoltare musica da un Ipod, ad addormentarsi sempre da soli e senza essere mai abbracciati o consolati dalla loro mamma. In tutto questo tempo sono successe molte cose, ho incontrato molte persone che mi hanno sostenuta, ho letto molti libri, libri importanti che mi hanno mostrato la strada, ho trovato sul web possibilità di confronto con persone non condizionate dalle logiche del mercato, ma soprattutto ho aperto il mio cuore imparando ad accogliere mio figlio per quello che è senza farmi più influenzare da idee distorte o dannose. Solamente così, ascoltando i suoi bisogni ho iniziato ad usare la fascia, l’ho fatto dormire nel lettone, l’ho allattato a richiesta facendomi guidare da lui e dalle sue già presenti competenze. Ora, quando mi chiedono se è buono, rispondo che tutti i bimbi sono buoni, basta soltanto dare ascolto alle loro esigenze fondamentali, basta educarli con affetto ed alto contatto e finalmente fregarsene di quello che gli altri dicono e di quello che la pubblicità ci fa passare per verità.

Nessun commento:

Posta un commento